sabato 28 gennaio 2012

Quattro Quarti

Prendo lo spunto da una dichiarazione e da una visione per questo nuovo post, pensato qualche giorno fa e scritto oggi.
La dichiarazione: l'allenatore dei Toronto Raptors (prima del breve rientro di Bargnani e conseguenti vittorie) ha detto di non essere troppo preoccupato dalla catena di sconfitte della sua squadra. Le squadre giovani, ha dichiarato, hanno il problema di riuscire a giocare quattro quarti. Risolto il problema, la squadra diventa tale.
La visione: Lucca-Umbertide, serie A femminile italiana della scorsa domenica. Terzo quarto 21-2 per Umbertide (da meno dodici a più sette), alla fine vince Lucca di quattro.
Come tutti gli sport intelligenti (vedi football americano, vedi tennis con Federer che perde sistematicamente con Nadal, vedi molto meno il calcio dove non è che il cervello sia distribuito con abbondanza) la pallacanestro vive di delicati momenti psicologici, quella cosa che i commentatori degli ultimi anni chiamano “inerzia”. Top e flop si susseguono spesso nella medesima partita. Chi ha giocato lo ricorda, chi ha allenato lo sa.
La domanda che mi pongo: cosa può fare l'allenatore per limitare – posto che evitarli non si può – i momenti di buio?
Il coach di Lucca le aveva provate tutte: timeout, cambi di giocatrici, cambi di difesa, scelte semplici in attacco. Per un quarto non ha funzionato nulla, dopo la macchina ha ricominciato a marciare come doveva. Da spettatore televisivo non posso certo sapere cosa ha detto alle giocatrici, a quale appiglio poteva affidarsi per non precipitare.
Provo a immaginare: un sistema di gioco. Se ancora allenassi e se avessi i giocatori o le giocatrici che lo possono fare a me piacerebbe pressare e correre, ad esempio; ma per farlo serve fisico, talento, gente che abbia voglia. Se non ce l'hai, avrai un altro sistema al quale appoggiarti. Attacco e difesa, naturalmente. Se invece non hai nessun appiglio, allora tenere i quattro quarti diventa dura.
Provo ancora a immaginare: un giocatore-capo (vedi sopra). O un playmaker vero. Quelli ti risolvono un sacco di guai, ma siccome non si inventano, puoi solo riconoscerli e affidare le chiavi della macchina a loro. Capita però che il momento flop li coinvolga, e allora le chiavi le deve riprendere chi sta in panca. 

martedì 10 gennaio 2012

Giocatore Capo

Quando allenavo ho sempre accettato di buon grado che i giocatori designassero il proprio leader, giocatore-capo, come lo chiama Boscia Tanjevic. A dire il vero, ho sempre visto questa designazione con gratitudine, come fosse la pietra angolare sulla quale costruire la squadra. Non ho mai pensato fosse compito mio. Ricordo, in un'esperienza da assistente a discreto livello (B2), il mio capo allenatore (molto bravo ed esperto) rammaricarsi sul finire della stagione per aver designato lui il giocatore capo, che era entrato in crisi. Meglio lasciar fare ai giocatori. Per finire le premesse, voglio aggiungere che, per quel che ho potuto vedere di persona, nella scelta le ragazze sono sempre state più decise e sapienti dei colleghi maschietti.
La squadra che quest'anno ho visto in tv più spesso è Milano... devo continuare? Facciamo di sì. Facciamo che sia necessario sottolineare come a quella squadra lì, fatta indubbiamente di gente molto più forte di quel che dice il campo, manca un giocatore-capo. Io credo sia per questo che perdono partite assurde come quella di Teramo o come quella con il Partizan in casa. E che per questo forse sarebbe stato meglio non partire neppure con Gallinari, ma questo è senno di poi. 
Chi è un giocatore-capo? Non sempre il più forte, anche se spesso lo è. Non sempre il play, anche se spesso lo è. 
Da spettatore ho visto giocare con continuità (ahi che ricordi quegli abbonamenti a Trieste) il giocatore più capo dei capi, eccezion fatta per Jordan. Parlo di Dejan Bodiroga. Che all'epoca era ancora un campione in erba e faceva il play. Ed era allenato da Boscia. Mamma mia, che belle cose ci ha fatto vedere. Il basket slavo riconosce, alleva e promuove i giocatori-capo. Anche questo l'ho toccato con mano sulla mia panchina. La grandezza di uno che gioca a basket può, talvolta deve, essere anche la capacità di riconoscere che il proprio ruolo non può andare al di là di quello di vicecapo. Scottie Pippen, fulgido esempio. Secondo me Andrea Bargnani da vicecapo sarebbe uno dei giocatori più importanti dell'intera NBA, e non parlo di statistiche. Parlo di vittorie. Chissà se il tempo e le occasioni mi daranno torto o ragione.
Chiudo con una digressione. Oltre che di basket, sono davvero molto appassionato di football americano. In questo sport il giocatore-capo è, 99 volte su 100, designato dal ruolo: il quarterback. Domenica scorsa ho visto una prestazione mostruosa di un giocatore-capo che non era affatto il più forte in campo, ma era il più capo. Si chiama Tim Tebow e gioca per i Denver Broncos, squadra che ha definitivamente fatto sbocciare l'amore tra me e il football, quando nel 1993 al Mile High Stadium vidi giocare dal vivo quel capo supremo che si chiama John Elway.

martedì 3 gennaio 2012

Toronto Raptors 1L 1W

Ho visto in rapida successione due partite dei Raptors, ricavandone tutto sommato un'impressione migliore di quelle che erano le mie previsioni.
Sconfitta a Orlando dopo aver dominato per tre quarti e mezzo.
Vittoria a New York contro i NY Anthonybockers (mancava Stoudemire). 
Rispetto agli anni precedenti, alla prima impressione Toronto sembra una squadra meglio allenata: c'è uno stile di gioco, delle soluzioni cercate e riconoscibili, una certa fluidità di gioco. Certo, ci sono purtroppo anche i blackout, ma quelli penso dipendano più dal campo che dalla panchina. 
A Orlando il tilt è costato la partita, a NY no, perché è arrivato nel terzo quarto e perché NY senza Stoudemire è squadra deboluccia.
Calderon è un buonissimo giocatore, niente da dire, ma perde troppo spesso la Trebisonda. Serve cambiare? Io penso che l'obiettivo di un coach e della sua dirigenza dovrebbe essere, prima del mercato, il miglioramento di chi c'è prima che l'inseguimento di chi non c'è. Quindi, avanti così.
Forse ci sarebbe bisogno di una guardia che tratti meglio la palla, DeRozan è un cavallo pazzo, probabilmente pure di razza, ma non aiuta molto nei blackout. Stessa cosa Barbosa. Ma come fai a rinunciare ad un giocatore giovane, forte e spettacolare (DeRozan)?
Amir Johnson è un buon centro, secondo me, tenendo conto anche dell'età. Può migliorare davvero tanto. E finalmente i minuti dati a lui hanno creato per Bargnani lo spazio vero, quello da ala grande. E Andrea gioca davvero bene, scegliendo i tiri con criterio, buttando dentro i liberi e usando da maestro (o da mago) l'uno contro uno. Mai più centro, il nostro. Magloire cambia Johnson e se giocano assieme Andrea e Davis (il più sacrificato del nuovo assetto) è il giovane Ed a stare sotto canestro.
Butler ha tirato bene a NY, male a Orlando. Poco altro.
Ho sempre pensato che un coach in una squadra conta come un giocatore da quintetto, uno bravo diciamo. Credo e spero che Toronto abbia trovato un giocatore in più.